Ricorso  (art.  127,  comma  1,  Cost.)  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri in carica,  rappresentato  e  difeso  ex  lege
dall'Avvocatura generale dello  Stato  (C.F.  80224030587  -  n.  fax
0696514000  ed  indirizzo  P.E.C.  per  il  ricevimento  degli   atti
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) e presso la stessa domiciliato in
Roma alla via dei Portoghesi n. 12, contro  la  Regione  Abruzzo,  in
persona del Presidente  della  giunta  regionale  in  carica  per  la
declaratoria della illegittimita' costituzionale  dell'art.  2  della
legge Regione Abruzzo del 23 gennaio 2018, n. 5, pubblicata  nel  BUR
n. 12, del 31 gennaio 2018, recante «Norme a  sostegno  dell'economia
circolare - Adeguamento Piano regionale  di  gestione  integrata  dei
rifiuti (PRGR)» e  del  Piano  regionale  di  gestione  integrata  di
rifiuti (PRGR) adeguato, composto dagli  elaborati  tecnici  indicati
nel suddetto art. 2, allegato alla legge di cui e' parte integrante e
sostanziale, per violazione degli articoli 117, comma 2, lettera  s),
e 118, comma 1 Cost. 
    Con la legge n. 5 del 23  gennaio  2018  la  Regione  Abruzzo  ha
previsto «norme a sostegno dell'economia circolare» ed ha  provveduto
«all'adeguamento (del)  Piano  regionale  di  gestione  integrata  di
rifiuti (PRGR)». 
    In  particolare,  l'art.  2  della   predetta   legge   rubricato
«Adeguamento del Piano regionale di gestione integrata  dei  rifiuti»
prevede che: 
        «1.  in  attuazione  dell'art.  199,  comma  8,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia  ambientale)  e
successive modificazioni ed integrazioni e dell'art. 11  della  legge
regionale 19 dicembre 2007, n. 45 (Norme per  la  gestione  integrata
dei rifiuti) con la presente legge si  provvede  all'adeguamento  del
Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti (PRGR). 
        2. il Piano  regionale  di  gestione  integrata  dei  rifiuti
(PRGR) adeguato, e' allegato alla presente legge,  di  cui  e'  parte
integrante e sostanziale e si compone dei seguenti elaborati tecnici: 
          "Relazione di piano" - luglio 2017; 
          "sintesi della Relazione di piano" - luglio 2017; 
          "Relazione di piano: Allegato 1 - Linee guida ed  indirizzi
per la riorganizzazione dei servizi a livello locale" - luglio 2017; 
          "Programma di prevenzione e riduzione della produzione  dei
rifiuti e prime misure per la preparazione al  riutilizzo"  -  luglio
2017; 
          "Piano delle bonifiche delle aree inquinate (PRB)" - luglio
2017; 
          "Rapporto ambientale" - luglio 2017; 
          "Rapporto ambientale - Sintesi non tecnica" - luglio 2017; 
          "Studio di incidenza sui siti della  Rete  natura  2000"  -
luglio 2017.». La citata norma della legge regionale,  nonche'  tutte
quelle ad essa inscindibilmente collegate, compreso l'allegato  Piano
e i relativi elaborati tecnici, presentano aspetti di  illegittimita'
costituzionale per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Violazione dell'art. 117,  comma  secondo,  lettera  s)  Cost.  in
riferimento dell'art. 199, comma 1, del decreto  legislativo  n.  152
del 2006, nonche' violazione del principio generale  di  «primarieta'
dell'ambiente». 
    La disciplina della gestione dei rifiuti e' contenuta nella parte
IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante  «Norme  in
materia ambientale». 
    In particolare l'art.  199  del  citato  decreto  legislativo  n.
152/2006 prevede che «le regioni, sentite le province,  i  comuni  e,
per quanto riguarda i rifiuti urbani, le autorita'  d'ambito  di  cui
all'art. 201, nel rispetto dei principi e delle finalita' di cui agli
articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformita'  ai  criteri
generali stabiliti dall'art. 195, comma 1, lettera  m)  ed  a  quelli
previsti dal presente  articolo,  predispongono  piani  regionali  di
gestione dei rifiuti.  Per  l'approvazione  dei  piani  regionali  si
applica la procedura di cui alla parte II  del  presente  decreto  in
materia  di  VAS.  Presso  i  medesimi  uffici  sono   inoltre   rese
disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al
procedimento  e  alle  motivazioni  sulle  quali  si  e'  fondata  la
decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate». 
    Da tale disposizione  si  evince  chiaramente  che  lo  strumento
predisposto dal legislatore nazionale per l'approvazione del piano e'
costituito dal provvedimento amministrativo e non dalla legge. 
    In particolare, la previsione dei pareri da parte delle province,
dei comuni e delle autorita'  d'ambito  implica  che  con  l'atto  di
approvazione del Piano la  competente  autorita'  deve  motivatamente
rappresentare le ragioni per le quali ha  ritenuto  eventualmente  di
discostarsi dalle risultanze dell'attivita' consultiva.  Analogamente
l'autorita' procedente, ai sensi dell'art. 15 del decreto legislativo
n. 152 del 2006, deve render ragione  del  modo  in  cui  ha  «tenuto
conto»  del  rapporto  ambientale  elaborato  in  sede  di   VAS   ed
esplicitare le ragioni per le quali non ha ritenuto di conformarsi al
medesimo. In sintesi,  e'  evidente  che  il  predetto  art.  199  ha
implicitamente,  ma  chiaramente,  conformato  il   procedimento   di
adozione del Piano regionale quale  procedimento  amministrativo,  al
fine  di  consentire  una  esplicita  valutazione   degli   interessi
ambientali ad esso sottesi. 
    La sostituzione del prescritto procedimento amministrativo con il
procedimento legislativo, effettuata dalla legge regionale in  esame,
realizza  una  evidente  lesione  del  principio   di   «primarieta'»
dell'ambiente. 
    Come  e'  noto,  il  principio  di  «primarieta'»   dell'ambiente
richiamato da codesta Corte costituzionale,  tra  le  altre,  con  la
sentenza n. 196 del 2004, esige  che  l'interesse  ambientale  riceva
«una  compiuta  ed  esplicita  rappresentazione  (...)  nei  processi
decisionali all'interno dei  quali  si  esprime  la  discrezionalita'
delle scelte politiche o amministrative» (par. 23 del Considerato  in
diritto). Il che, evidentemente, puo' essere garantito, nel caso  che
qui ci occupa, soltanto ove tale scelta sia affidata ad una autorita'
amministrativa,   gravata   dall'obbligo   di   motivarla,   e    non
cristallizzata in una disposizione legislativa. E'  in  tale  ottica,
del resto, che codesta Corte costituzionale ha di  recente  affermato
che, per ragioni analoghe, la legge regionale non puo' evocare  a  se
stessa la scelta, che il  legislatore  statale  ha  configurato  come
amministrativa,  e  dunque  necessitante  una  adeguata   motivazione
(anche) in punto di considerazione degli interessi ambientali,  della
delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per l'organizzazione
del SII (sent. n. 173 del 2017). 
    La necessita' di adottare, con  atto  amministrativo  e  non  con
legge, deliberazioni ad alto contenuto tecnico nel cui ambito  assume
un ruolo particolarmente rilevante  la  acquisizione  dei  prescritti
pareri, e' stata del resto  affermata  da  codesta  Corte  anche  con
riferimento al calendario venatorio, con argomentazioni senza  dubbio
applicabili anche alla fattispecie in esame (cfr., ad  es.,  sentenze
numeri  310  del  2012  e  90  del  2013).  Inoltre,   sempre   dalla
giurisprudenza in tema di  calendario  venatorio  emerge  chiaramente
come «nei casi in cui  la  legislazione  statale,  nelle  materie  di
competenza    esclusiva,    conformi    l'attivita'    amministrativa
all'osservanza di criteri tecnico-scientifici, lo  slittamento  della
fattispecie  verso  una  fonte  primaria  regionale  fa  emergere  un
sospetto di illegittimita'»  (sent.  n.  20  del  2012):  il  che  e'
precisamente quanto accade nel caso in questione,  anche  in  ragione
del   regime   di   tutela   giurisdizionale   proprio   degli   atti
amministrativi, che viene irrimediabilmente vanificato  nel  caso  in
cui si proceda con legge (cfr., ancora, sentenza n. 20 del 2012). 
    La legge in esame,  che  approva  il  nuovo  Piano  regionale  di
gestione dei rifiuti, e' pertanto illegittima perche'  contrasta  con
la «riserva di amministrazione» affermata dall'art. 199  del  decreto
legislativo n. 152/2006, nonche' con  il  principio  di  «primarieta'
dell'ambiente». 
2. Violazione degli articoli 117, comma secondo, lettera s),  e  118,
comma  1,  Cost.,  in  riferimento  all'art.   35,   comma   1,   del
decreto-legge n. 133  del  2014  e  al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 10 agosto 2016. 
    La norma impugnata e' illegittima  anche  per  contrasto  con  le
vincolanti disposizioni dell'art. 35, comma 1, del  decreto-legge  n.
133/2014 convertito con legge n. 164/2014, e con i principi  in  tema
di riparto di funzioni amministrative da essa stabiliti. 
    2.1. L'art. 35 ha attribuito  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, l'individuazione, su proposta del Ministro dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare, della  capacita'  complessiva
di trattamento di rifiuti  urbani  e  assimilati  degli  impianti  di
incenerimento in esercizio o autorizzati  a  livello  nazionale,  con
l'indicazione espressa della capacita' di ciascun  impianto,  nonche'
degli impianti di incenerimento con recupero  energetico  di  rifiuti
urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno  residuo,
nel  rispetto  degli  obiettivi  di  raccolta  differenziata   e   di
riciclaggio.   Gli   impianti    cosi'    individuati,    qualificati
infrastrutture e  insediamenti  strategici  di  preminente  interesse
nazionale, avrebbero  attuato  un  sistema  integrato  e  moderno  di
gestione di rifiuti urbani  e  assimilati,  garantendo  la  sicurezza
nazionale nell'autosufficienza, consentendo di superare  e  prevenire
ulteriori procedure di infrazione comunitaria  nonche'  limitando  il
conferimento di rifiuti in discarica. 
    Le fmalita' perseguite dal legislatore nazionale con il  predetto
art.  35  del  decreto  legislativo  n.   133/2014   attengono   alla
realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato  e  integrato
di gestione dei rifiuti urbani ed al conseguimento degli obiettivi di
raccolta differenziata e di riciclaggio. In attuazione dell'art.  35,
comma 1 del decreto-legge n. 133/2014  convertito  con  modificazioni
dalla legge n. 164/2014 e' stato emanato il  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 10 agosto  2016,  recante  «Individuazione
della  capacita'  complessiva  di  trattamento  degli   impianti   di
incenerimento  di  rifiuti  urbani  e  assimilabili  in  esercizio  o
autorizzati  a  livello   nazionale,   nonche'   individuazione   del
fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione  di  impianti
di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati». 
    Tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,  partendo
da una  minuziosa  ricognizione  della  situazione  impiantistica  di
incenerimento su scala nazionale, con  particolare  riferimento  alle
diverse tipologie di rifiuti (urbani tal quali,  frazione  secca  dei
rifiuti urbani, combustibile  solido  secondario,  rifiuti  sanitari,
fanghi) trattate nei singoli  impianti,  ha  quindi  individuato  con
precisione la capacita' attuale di incenerimento dei rifiuti  urbani.
Il  decreto  ha  quindi  provveduto  a  stimare  il   fabbisogno   di
incenerimento nazionale necessario a chiudere il  ciclo  dei  rifiuti
con la minimizzazione del ricorso  alla  discarica  e  nel  farlo  ha
tenuto conto non solo della prevenzione e degli obiettivi di raccolta
differenziata   e   riciclaggio   della   nuova   proposta    europea
sull'economia circolare in corso di  definizione  ed  emanazione,  ma
anche delle quantita'  di  rifiuti  avviate  a  co-incenerimento  nei
cementifici e nelle centrali elettriche e del trattamento dei rifiuti
negli impianti di trattamento meccanico biologico. Ha inoltre  tenuto
conto degli  scarti  della  raccolta  differenziata  che,  in  quanto
inidonei alla filiera del riciclaggio,  vengono  attualmente  avviati
prevalentemente a smaltimento. 
    Infine,  il  citato  decreto  ha  provveduto  a  confrontare   la
capacita'  esistente  con  il  fabbisogno  stimato,  derivandone   il
fabbisogno residuo di incenerimento per ciascuna regione.  Una  volta
ottenuto il fabbisogno residuo di ciascuna  regione,  il  decreto  ha
operato una compensazione tra  macro  aree  al  fine  di  evitare  la
realizzazione di impianti non  necessari  e  consentendo  ai  rifiuti
residui di una regione di essere inceneriti nella eventuale capacita'
residua presente nelle regioni limitrofe. In questa  maniera,  ovvero
considerando l'intero sistema paese anziche' l'autosufficienza  delle
singole regioni, e' stato possibile limitare  il  fabbisogno  residuo
totale a sole 1.831.000 tonnellate per un totale di nuovi 8  impianti
piu' il potenziamento dell'impianto  della  Regione  Puglia  e  della
Regione Sardegna. 
    L'art. 6, comma 3, del decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri 10 agosto 2016 ha previsto la possibilita', per le  regioni,
di richiedere la modifica del rispettivo fabbisogno di  incenerimento
in due casistiche. La prima in caso di nuova approvazione  del  piano
regionale di gestione dei rifiuti  o  dei  relativi  adeguamenti,  ai
sensi dell'art. 199 del decreto  legislativo  n.  152  del  2006.  La
seconda  in   caso   di   variazioni   documentate   del   fabbisogno
riconducibili: 
        a)  all'attuazione  di   politiche   di   prevenzione   della
produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata; 
        b)    all'esistenza    di     impianti     di     trattamento
meccanico-biologico  caratterizzati  da  una  efficienza,  in  valori
percentuali, di riciclaggio e  recupero  di  materia,  delle  diverse
frazioni  merceologiche  superiori  rispetto   ai   valori   indicati
nell'allegato II; 
        c)  all'utilizzo  di  quantitativi  di  combustibile   solido
secondario (CSS) superiori a quelli individuati nell'allegato II; 
        d)  ad  accordi  interregionali  volti   a   ottimizzare   le
infrastrutture di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati. 
    In entrambi i casi, il  successivo  comma  4  del  decreto  sopra
menzionato prevede la necessita' di motivare adeguatamente l'istanza,
fornendo documentazione che comprovi la sussistenza delle  condizioni
di procedibilita'. 
    Nel citato decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
viene individuato, per la Regione Abruzzo, un fabbisogno  residuo  di
incenerimento di 121.069 tonn/anno. Per far fronte a tale fabbisogno,
anche  in  considerazione   all'assenza   totale   di   impianti   di
incenerimento operativi,  si  prevede,  nella  medesima  Regione,  la
realizzazione  di  uno  di  questi  impianti.  In  caso  di   mancato
adempimento  da  parte  della  Regione  Abruzzo   alle   disposizioni
contenute nel decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  10
agosto  2016,  verrebbe  inequivocabilmente  ad  essere   compromesso
l'equilibrio e l'autosufficienza  sia  della  macroarea  sud  cui  la
stessa regione appartiene, sia delle  altre  macroaree  eventualmente
aggravate dai quantitativi di rifiuti provenienti dall'Abruzzo. 
    Come riconosciuto dalla sentenza di codesta Corte  costituzionale
n. 244 del 2016, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
10  agosto  2016  e'  stato  adottato  in  attuazione  di  una  norma
legislativa che  assegna  allo  Stato  l'esercizio  di  una  funzione
amministrativa a carattere programmatorio generale  sorretta  da  una
esigenza unitaria, perseguendo ex art. 117,  comma  secondo,  lettera
s), Cost. l'obiettivo di raggiungere «un livello uniforme  di  tutela
ambientale  su  tutto  il  territorio  nazionale»  (par.  6.1.1.  del
Considerato in diritto).  Si  tratta  dunque  dell'esercizio  di  una
funzione amministrativa di  tipo  programmatorio,  costituzionalmente
tutelata ex art. 118, primo e secondo comma, Cost., dotata di  potere
conformativo rispetto alla successiva pianificazione regionale. 
    2.2. La norma regionale impugnata si pone in contrasto  con  tale
disciplina perche', approvando un piano  di  gestione  integrata  dei
rifiuti che risulta in contrasto con le previsioni  del  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  svilisce  la  funzione  di
programmazione attribuita allo Stato del citato art. 35  del  decreto
legislativo n. 152/2006. 
    In particolare,  occorre  osservare  che  lo  scenario  di  Piano
relativo all'orizzonte temporale 2014-2022 prevede in Regione Abruzzo
una sensibile riduzione della produzione dei rifiuti urbani  pari  al
14% circa; la produzione  di  rifiuti  passerebbe  secondo  le  stime
regionali da 593.080,29 tonnellate prodotte nell'anno  2014  a  circa
520.902 tonnellate nel 2022, con un  contemporaneo  incremento  della
raccolta differenziata verso il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
legge. 
    Le previsioni di stima indicate dal decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 con riferimento  al  fabbisogno
di  incenerimento  per  la  Regione  Abruzzo,  partono  dal  dato  di
produzione dei rifiuti regionale indicato nel Rapporto rifiuti  ISPRA
2015,  relativo  all'anno  2014.  Da  tale  valore,  il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri prevede la  decurtazione  della
quantita'  di  rifiuti  come  risultante  dal  Piano  di  prevenzione
approvato da ciascuna regione. 
    In questo senso, non avendo la Regione Abruzzo  fornito  adeguati
elementi in ordine alle azioni  di  riduzione  della  produzione  dei
rifiuti  adottate  nell'ambito  dell'istruttoria  del   decreto   del
Presidente del Consiglio dei ministri sopra richiamato, il fabbisogno
di incenerimento indicato nel decreto attuativo dell'art.  35,  comma
1, del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito dalla legge  n.  164
del 2014, potrebbe ragionevolmente considerarsi sovrastimato rispetto
ad eventuali obiettivi di riduzione della produzione dei rifiuti  non
adeguatamente considerati. 
    L'adeguamento del  Piano  regionale  di  gestione  integrata  dei
rifiuti approvato dalla regione Abruzzo con legge regionale n. 5  del
23 gennaio 2018, prevede di fatto una specifica sezione dedicata alla
programmazione in tema di prevenzione e  riduzione  della  produzione
dei rifiuti per l'orizzonte temporale 2014-2022. 
    Tuttavia,  contrariamente  a  quanto  previsto  nel  Piano   come
conseguenza dell'attuazione delle azioni di prevenzione attivate e da
attivarsi secondo quanto indicato nel programma regionale, a  partire
dal 2014 la produzione dei rifiuti urbani e' tornata  a  crescere  in
Regione Abruzzo, passando da 593.080,29 tonnellate prodotte nell'anno
2014, a 593.817,90 tonnellate nell'anno 2015, a 601.990,75 tonnellate
nell'anno 2016, come certificato da ISPRA nei rapporti annuali. 
    In questo senso appare difficile  dare  credito  alle  previsioni
cosi' ambiziose della Regione Abruzzo  in  tema  di  riduzione  della
produzione dei rifiuti, ai fini  di  un'eventuale  aggiornamento  del
fabbisogno di incenerimento di cui  al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 10 agosto 2016. Giova inoltre evidenziare che,
nello scenario di  riferimento  regionale  al  2022,  piu'  che  aver
previsto  un  efficientamento   dell'impiantistica   di   trattamento
preliminare, appare piuttosto esservi un peggioramento. 
    Dall'attuale valore di circa 11% del totale prodotto,  costituito
da frazioni umide/organiche di sottovaglio avviate a  smaltimento  in
discarica (FU 4,6%-i-BS 6,6%), si passera', come gia' sopra rilevato,
a  quasi  il  30%  del  totale  prodotto,  secondo  lo  scenario   di
riferimento  regionale  al  2022.  Tale  incremento  appare   trovare
giustificazione in una variazione delle maglie dei sistemi di  vaglio
all'interno dell'impiantistica di  trattamento  preliminare,  con  la
conseguente diminuzione dell'efficienza di produzione delle  frazioni
secche  avviabili   a   recupero   energetico   negli   impianti   di
incenerimento, a fronte di una maggiore produzione di frazioni  umide
di sottovaglio da inviare in discarica. 
    Risulta di fatto che l'incremento delle frazioni  umide/organiche
di sottovaglio da avviare in discarica (dall'11% al  30%  del  totale
prodotto),  non  e'  compensata  dall'incremento,   per   altro   non
adeguatamente analizzato  e  motivato,  della  frazione  merceologica
avviabile a  recupero  di  materia  (dall'1,2%  al  9,5%  del  totale
prodotto). 
    In sostanza nello scenario  di  riferimento  regionale  al  2022,
sebbene   il   ricorso   allo   smaltimento   in   discarica    venga
complessivamente   diminuito   in   valore   assoluto   per   effetto
dell'incremento delle frazioni avviate a riciclo e recupero  e  della
diminuzione della produzione dei rifiuti, viene tuttavia  artatamente
delineata una strategia di pianificazione tesa a favorire il  ricorso
alla discarica a discapito del recupero energetico negli impianti  di
incenerimento. In previsione del raggiungimento  degli  obiettivi  di
riduzione della produzione dei rifiuti, a partire dal 2022 la Regione
Abruzzo prevede di abbassare  la  produzione  di  rifiuti  a  520.902
tonn/anno,  raggiungendo  il  65%  di  raccolta   differenziata   per
complessive 343.833 tonn/anno (di cui 188.874 tonn/anno  di  frazioni
differenziate secche, 143.620 di FORSU+verde, e 11.339  tonn/anno  di
rifiuti da spazzamento), e residuando 5.870 tonn/anno di  ingombranti
a smaltimento e  di  171.199  tonn/anno  di  rifiuto  indifferenziato
avviato a trattamento preliminare. 
    Sorvolando   sull'anomalo   incremento   degli   ingombranti    a
smaltimento dalle attuali 471 tonnellate, prodotte con riferimento al
dato 2016, a 5.870 tonnellate nel 2022, e considerando il  quadro  di
riferimento degli output del bilancio di massa dell'impiantistica  di
trattamento preliminare abruzzese, secondo Io scenario  di  Piano  al
2022, in uscita dai TMB (impianti di trattamento meccanico biologico)
si avrebbero 52.610 tonn/anno di' frazioni  secche  di  sovvallo  FS,
37.540  tonn/anno  di  combustibile  solido  secondario  CSS,   50316
tonn/anno  di  frazione  umida/organica  stabilizzata   FOS,   16.242
tonn/anno di materiali oggetto  di  recupero  di  materia,  e  14.492
tonn/anno di perdite di processo e percolato. Con riferimento a  tali
output la Regione Abruzzo ha previsto la possibilita' di ricorrere ad
un accordo con la Regione Molise per trattare circa 20.000  tonn/anno
di frazioni secche di sovvallo FS. Tuttavia  non  risulta  sia  stato
sottoscritto, allo stato attuale, alcun accordo tra le due regioni. 
    Infine, occorre evidenziare come nel Piano regionale de  quo,  in
considerazione delle sopra menzionate valutazioni  circa  l'andamento
della produzione dei rifiuti e la loro gestione, non  viene  prevista
la realizzazione di alcun inceneritore con  recupero  energetico.  Al
contrario, si prevede il ricorso alla discarica per 111.397 tonn/anno
(pag. 305 del Piano). 
    2.3. E' evidente che molti aspetti dalla pianificazione regionale
non  sono  plausibili  ne'  supportati  da  adeguata  motivazione   e
documentazione.  Inoltre  esse  si  pongono  in  contrasto   con   le
previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  10
agosto 2016, relative all'andamento della produzione dei  rifiuti  ed
alla loro gestione che non possono essere modificate dal  legislatore
regionale, secondo quanto disposto dall'art. 6 dello  stesso  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Non ricorrono, infatti, le condizioni in presenza delle  quali  i
fabbisogni ivi indicati possono essere  modificati  adeguandoli  alle
previsioni regionali. Da qui la conseguenza secondo la quale la legge
regionale de qua, nell'approvare un nuovo Piano regionale di gestione
dei rifiuti contenente valutazioni non plausibili e inadeguate  circa
la produzione e la gestione di rifiuti, ed  escludendo  in  forza  di
tali valutazioni la necessita'  di  realizzare  un  inceneritore  con
recupero energetico, viola l'art. 117,  comma  secondo,  lettera  s),
Cost. e l'art. 118, primo comma, Cost, perche' contrasta  con  l'art.
35, comma 1, del decreto legislativo n. 133 del 2014 che detta  norme
in materia  ambientale  riservata  alla  competenza  esclusiva  dello
Stato, e con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  10
agosto 2016,  impedendo  il  fruttuoso  esplicarsi  di  una  funzione
amministrativa allocata in capo allo Stato in virtu' del principio di
sussidarieta'. 
3.  Violazione  dell'art.  117,  2°  comma,  lettera  s)   Cost.   in
riferimento  all'art.  179,  comma  5  del  decreto  legislativo   n.
152/2006. 
    Il Piano regionale di cui trattasi  prevede  un  ingente  ricorso
alla discarica. 
    In particolare, prevede un fabbisogno di 111.379  tonn/anno,  cui
vanno sommate ulteriori 20.000 tonn/anno  che  sono  imputate  ad  un
accordo  con  la  Regione  Basilicata  ancora  non  realizzato.  Cio'
determina un  ricorso  alla  discarica  di  particolare  entita',  in
sostituzione al ricorso  all'incenerimento  con  recupero  energetico
previsto invece dal menzionato decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri 10 agosto 2016 sulla base dell'art. 35 del decreto-legge
n. 133 del 2014. 
    Cio' si pone in palese contrasto con  la  gerarchia  dei  rifiuti
stabilita' dall'art. 179, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del
2006,  con  conseguente  violazione  dell'art.  117,  comma  secondo,
lettera s), Cost.